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Alberto Criscione: L'arte per un gesto di solidarietà

Alberto Criscione, scultore siciliano, ci presenta cinque opere polimateriche che ha realizzato nel periodo del lockdown; fedele al proprio stile ha mantenuto quella  delicatezza del modellato nelle figure di argilla refrattaria che ho potuto apprezzare nel lavoro presentato recentemente a Palermo, nel Loggiato San Bartolomeo, per l’edizione 2020 di BIAS, la Biennale di Arte Sacra. Le opere “Fratture” “Congiunzioni” e “Fratello dove sei?” sono state destinate dall’artista per contribuire alla raccolta fondi per progetti solidali e il Centro d’Arte Raffaello, che attualmente espone nella mostra collettiva “Rapsodie”  altre due sculture di Alberto Criscione, ha sostenuto e patrocinato l’iniziativa, dimostrando che l’arte non solo è capace di emozionare ma può anche diventare un concreto slancio di generosità.

Prima di commentare le singole opere soffermiamoci sulla felice e coerente sintesi che ci rendono del suo percorso artistico. La capacità di lavorare più materiali per giungere a una forma complessiva che si presenta unitaria è una delle caratteristiche dell’arte di Alberto Criscione e richiede attenta progettualità e conoscenza profonda delle differenti tecniche di lavorazione. La sua formazione artistica è sempre stata aperta all’innovazione, sperimentando un continuo ricercare pur di comprendere quante possibilità espressive abbia la stessa materia se viene sollecitata, sfidata e valorizzata attraverso tecniche differenti.

Alberto Criscione si è formato nelle botteghe d’arte a partire da quella del padre Giuseppe che era stimato autore di presepi, lavorati nell’argilla mescolando immagini di tradizione sacra e tanto realismo di contadini siciliani, di giovani madri, di braccianti e bestie da soma. Giuseppe avrebbe voluto frequentare la scuola d’arte di Palermo, dovette arrendersi alla dura realtà della campagna, diventare artigiano cercando rifugio nell’arte, nella natura come maestra, nella pittura prima e nel modellato poi avendo visto a Caltagirone cosa le sue abili mani avrebbero potuto trarre dalla massa informe della morbida argilla. Se il padre trasfigurò il dolore quotidiano di una terra nella sacra bellezza di epifanie senza tempo, il figlio parte dalla minuziosa resa dei corpi per interrogarsi sul doppio, sulla forma classica e sullo sfaldarsi di ogni realtà erosa dal flusso del tempo.

Per rendere in modo più sottile e sfaccettata questa riflessione l’artista non si è fermato alle forme della tradizione ma ha cercato con successo di appropriarsi anche di altri linguaggi. Dalla raffinata ed eterea bellezza delle ceramiche del faentino Giovanni Cimatti, che ha ripreso le mediterranee terrecotte sigillate, inventato la tecnica del raku dolce, ripreso idee da punici e orientali perfezionando il Paper Clay, la ceramica fatta di argilla addizionata a polpa di carta. Il maestro Cimatti è una mente assetata di continue innovazioni tecniche, una ricerca che Criscione continua a portare avanti.  Alberto Cavallini è un altro ceramista che lo ha profondamente coinvolto per la sua maestria nel padroneggiare la cottura dei pezzi e da cui ha preso anche molto dell’impostazione spaziale, fatta di pieni e vuoti in dinamico equilibrio dentro uno schema compositivo fortemente strutturato. Grazia e libertà nei volumi sembrano invece discendere dagli insegnamenti del giapponese Ko Miyazaki, con il quale ha studiato la fusione in bronzo. Infine giganteggia la figura dello scultore agrigentino Salvatore Rizzuti, sotto la cui guida Criscione si riappropria della fisicità aspra, indomita e potente della propria terra. Il legno trattato come fosse corpo vivo,  trasparente, capace attraverso le venature di trasformarsi in gioco di muscoli, tendini e anatomie. Terracotta e resina, lavorata fino a trasfigurarsi, ad essere pura sensualità: morbidezza, pelle, corpo velato.

“Fratello dove sei?” è un’opera di relazione, due figure, una il riflesso dell’altra, il duplice aspetto di un’unica identità: il bianco e il nero, il dritto e il rovescio, ogni figura poggia sul colore opposto. L’individuo difeso da una maschera in gomma che nasconde il volto, la persona che con il proprio gesto cerca un contatto protendendo la mano e il suo slancio aperto al mondo diventa esso stesso trasparenza e trasforma la materia. La gomma isola, diventa maschera funeraria, calco di un progenitore indossata per divenire stirpe. Uno dalla terra si fa luce, l’altro dalla levità cerca radice e ancor più affonda nella propria storia per trovare equilibrio e reggersi su di un consapevole passato.

“Fratture” sono esempio di virtuosismo tecnico, perché il legno ispira la forma dell’opera che viene modellata, cotta separatamente e poi riassemblata. In questo modo il corpo promana dalle fibre della materia organica, ciò che è intuizione diviene tattile realtà, il sogno il progetto il miraggio resta concreto e fissato nel tempo. Il corpo efebico è abbandonato, la testa lascia intuire una voluminosa e fluente massa di capelli perduta nei vortici del tempo, il capezzolo è uno stampo sull’argilla morbida che evoca ma non copia, l’anima di legno prorompe e si fa ventre e spalla. Oppure il ramo sinuoso assume la morbidezza vellutata e sensuale di una figura sdraiata, col semplice gesto di plasmare un torso accennato Criscione inventa una nuova Dafne che si fa legno e sembra palpitare.

“Congiunzioni” ci legano direttamente al tempo del mito, il volto imponente, i tratti virili, la barba matura sono segni divini. Non è mito rappresentato ma suggerito, perché la realtà è concio di un arco immaginario, è pietra scolpita e sbozzata, tagliata di lato con una secca cesura. È parte di un tempio, di una statua più grande, è contemporaneamente frammento fagocitato perduto e riemerso. Per questo gli inserti di natura o di altri frammenti lo feriscono, ne raccontano gli eventi subiti, lo riportano negli abissi temporali di qualcosa che nonostante tutto, per quel che ne resta ci appartiene: è il senso classico che nell’arte nata in Sicilia resta, inesorabilmente, sempre presente.

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written by Massimiliano Reggiani

ricerche a cura di Monica Cerrito

Massimiliano Reggiani, studioso dell'arte contemporanea di cui indaga la funzione sociale, il contesto culturale in cui si forma l'artista e i riflessi della tradizione nella costruzione dello specifico linguaggio  individuale. Diplomato in decorazione pittorica e scenotecnica, laureato a Parma in Giurisprudenza e in Filosofia, ha completato il proprio percorso di formazione artistica alle Belle Arti di Bologna in Scenografia. Cura, assieme a Monica Cerrito, la sezione Arte della testata online EmmeReports e la pagina Facebook Critica d'arte.

 

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