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Ambiente cucina. Performance e linguaggio

In questo blog riprendiamo in esame l’ambiente cucina; nella scorsa pubblicazione abbiamo visto questo luogo cambiare attraverso i secoli, da semplice luogo del fuoco su un banco di muratura (XI sec. A.C.) alla cucina medievale con i suoi grandi forni a camino, dalla cucina in ghisa della fine del ‘700 alla cucina funzionalista del primo grande dopoguerra sino a quella dei giorni nostri coloratissime grazie ai più svariati elementi d'arredo o artistici come quadri moderni astratti.

La cucina nella storia, da mero luogo del cucinare, lentamente, diviene connessione e sovrapposizione di funzioni, questa si trasforma a misura d’uomo per il lavoro domestico. L’ergonomia si impadronisce delle misure del corpo e del suo movimento e le propone a servizio di nuove tipologie di prodotti domestici per quella che diverrà la “prima cellula lavorativa” organizzata per semplificare i compiti della donna di casa, diminuendo le sue fatiche.

La cucina di Francoforte (1927) rimane il primo valido esempio di organizzazione dell’ambiente cucina realizzato con i principi di flessibilità; le opportunità di spazio costringono i progettisti ad ipotizzare moduli intercambiabili, sostituibili, ampliabili; gli arredi prendono nota formale del numero del nucleo familiare; prende così forma la “cucina abitabile”. Si delineano nuove tipologie per latitudini e ambiti geografici; Giuseppe Samonà (architetto del secolo scorso) ne classificherà alcune per criteri d’uso e costume locale: dalla grande cucina all’americana, passando per quella berlinese, scandinava e francese, a quella minima sovietica del modulo compatto (nicchia/armadio) progettato nel ’28 da El Lissintskij.

Dopo gli anni trenta, l’ambiente cucina esce di scena dal dibattito architettonico ed entra a pieno titolo in quello del disegno industriale. La diffusione di piccoli e grandi elettrodomestici, raggiunge l’apice in scala internazionale con la standardizzazione e l’industrializzazione degli arredi. In America, ricerche sempre più sofisticate riescono a proporre oggetti a costi sempre più accessibili per una utenza sempre più vasta; aumentano le qualità prestazionali degli elettrodomestici e si realizzano produzioni in serie per “the assembled kitchen”. La cucina diviene uno spazio tecnologico, dominio di nuovi materiali e proposte tecniche innovative che solo più tardi saranno ammesse in altri luoghi della casa.

E’ il tempo della cucina consumista, che incentiva le funzioni comunicative e di status, con l’alternarsi di valori estetico-simbolici ed utilizza le medesime tecnologie (palesi e/o latenti) per sequele di soluzioni assai diverse.La cultura occidentale degli anni ‘60 e ’70 inizia ad ammettere un diverso ruolo femminile rispetto alla casa, con la conseguente trasformazione dell’ambiente cucina che diviene più aperto, più vivibile, più sociale.

Diventa luogo d’incontro, teatro di ogni momento quotidiano, scena non più ristretta alla preparazione e consumo dei cibi, ma sovrapposizione di riti privati e collettivi. Vivere il contemporaneo è contaminato da componenti comportamentali che in questo senso costituiscono insieme “centro e periferia” del mondo domestico.

Nel 1983 con “La casa telematica” progettata da Ugo La Pietra per la fiera campionaria di Milano, si ipotizza infatti la trasformazione della cucina quale luogo centrale per il controllo dello spazio domestico, una cucina programmata per la nuova massaia che attraverso circuiti chiusi controlla i figli a distanza mentre realizza acquisti attraverso internet o tiene i conti con un computer munito di videocitofono per chi suona alla porta. Sembrava solo una performance, ma solo quindici anni dopo sul mercato appare “Leonardo” dell’Ariston che realizza fattivamente questa opportunità.

L’era della casa intelligente, lo sviluppo dell’elettronica, l’applicazione di sofisticate diavolerie propone ormai per la cucina uno scenario di fantascienza, dove la sola parola servirà per cuocere i cibi e magari essere imboccati, mentre il frigorifero urlerà qualche bip bip per il formaggio andato in scadenza al suo interno, il tutto illuminato da immagini di guerra e films d’altri tempi trasmesse dal video a campi attivi posto a sportello vitreo del forno a microonde che disgela cibi precotti o pietanze compresse e liofilizzate al sapore di spezzatino con patate e cipolle.

Credo la cucina debba, ora, però, recuperare la propria identità, ritrovare valori e sicurezze di antichi rituali, ovvero tornare alla sua antica accezione di luogo dove si conservano e preparano cibi, magari biologici, ed in essa si consumano nella calda atmosfera domestica, senza ritenere così la casa quale luogo di frettoloso passaggio nel frenetico quotidiano. Ogni linguaggio potrà essere quello giusto, ogni stile d’arredo cucina andrà bene, ma dovrà essere “diverso” il modo di viverla. E’ un auspicio, è una speranza.

written by Walter Angelico

Emanuele Walter Angelico, architetto PhD, si laurea a Palermo dove vive e lavora – è docente in Architettura e si occupa di tecnologie e di design. Completano la formazione e figura di Ricercatore/Progettista una intensa attività di partecipazione a Convegni Nazionali e Internazionali, unitamente alla pubblicazione di articoli e saggi su volumi e riviste di settore.

 

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