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L'arte come guarigione in Claudio Cangialosi

Il fragile equilibrio di un artista danzante 

L’arte di Claudio Cangialosi è articolata e complessa, con la danza si esprime nello spazio, nasce e fiorisce attraverso la memoria individuale per poi sedimentarsi in una traccia di colore. A Palermo, nella suggestiva cornice dell’antica tonnara Bordonaro ha aperto la rassegna estiva del Centro d’Arte Raffaello con una performance attentamente studiata e densa di drammatica poesia.

Lavorando su di una base di suoni e ritmi, di fruscii e bassi ostinati è entrato in scena percorrendo una linea diagonale, chino e chiuso nel proprio mondo interiore, quasi aggrappato ad un triangolo nero con cui sembrava proteggersi. Attorno al grande rettangolo di che diventerà l’opera dipinta sono allineati barattoli di colore e pigmenti in polvere. 
In quest’atmosfera rarefatta, nonostante la bellezza del luogo, il volo dei gabbiani, la brezza che leggera arrivava dal mare, l’energia della danza si concentrava sempre più nell’emozione dell’artista senza dialogare con l’esterno, con l’ambiente naturale. Da una scatola nera, un luogo d’ombra, Cangialosi inizia a portare in scena i protagonisti della sua più recente produzione pittorica “Inner Child” il bimbo che continua a star nascosto dentro ognuno di noi.

Geometrie instabili: La sfera, il fiore, l'orsetto:

Nelle tele, esposte in galleria, tornano insistentemente alcuni temi in cui l’artista sembra inconsapevolmente ritrarsi. Un ideale geometrico di bellezza, la sfera, che al contempo esprime la massima instabilità. Non è, infatti, la cupola di un antico tempio né il sole di un sistema eliocentrico: è una semplice palla che porta necessariamente con sé la propria ombra. Un sistema binario, quindi, dove volume e proiezione visivamente si equivalgono trovando nel variare delle possibili posizioni la bellezza di questo silenzioso dialogo.

Vi è un fiore, simbolo del radicamento e dell’attenzione per chi viene evocato con questo semplice dono. Un fiore senza vaso, barrato da strisce scure che esprimono il desiderio impossibile della vicinanza, della sicurezza negata. C’è l’orsetto gommoso delle caramelle Haribo che tende le zampe mimando un abbraccio, altro affetto negato, reciso, perduto. Ci sono le ruote che girano all’infinito di un autocarro giocattolo, un corpo di bambola già in forma di donna.

Claudio Cangialosi danza, in una coreografia che resta sempre vincolata alla terra, alla materia, una gestualità implosiva, potente e volutamente contratta. I simboli transitano in un flusso vertiginoso dai dipinti alla memoria dell’artista, dalla memoria alla realtà fisica: le mani prendono, afferrano, stringono, intridono di colore, spezzano nella violenza inusitata del gesto.

La bambola dipinge con i propri capelli ridotti ad una corona quasi fluida, l’orsetto lascia impronte goffe e paffute, la palla scivola senza posa, il fiore si spezza e il fusto lascia sulla tela un reticolo di righe sottili, gli pneumatici del piccolo autocarro segnano cerchi gommati e strade sinuose. La musica prorompe, le membra del danzatore sembrano non avere peso, sono elastiche e sfuggenti, ricompaiono in un susseguirsi pirotecnico di posizioni sempre diverse. Poi, dopo il tumulto dell’adolescenza un’improvvisa maturità si ricompone in un gesto: Claudio riordina i frammenti di ciò che resta dei simboli, li allinea con amore, un momento solenne di pace raggiunta con il proprio passato, ferito, devastato ma ancora capace di tornare in equilibrio. Si alza, prende il triangolo nero, lo apre lentamente, è l’aquilone della speranza, del sogno, del progetto, della fantasia, è il sostegno che lo porterà lontano, libero, in questo volo senza confini. Resta a terra un grande dipinto, traccia cromatica di un susseguirsi di emozioni. Un fondo caldo, ovattato, accogliente; una serie di integrazioni, vie di fuga azzurre e verdi che bucano la morbidezza e aprono al domani; petali bianchi, strappati dal vento, che si posano dolcemente su questo lago iridescente, come una trina di luce senza corpo né peso.

Claudio Cangialosi è diventato ballerino professionista nella prestigiosa Scuola del Teatro alla Scala di Milano; ha danzato nella Compagnia Statale di Dresda, poi in Belgio nel Ballet Vlaanderen e con il Teatro delle Fiandre di Anversa. È coreografo e continua la sua attività esibendosi da solista in tournée internazionali. Dipinge per raggiungere la pienezza della propria espressione artistica.

Written by Massimiliano Reggiani 

critico d’arte, promuove una lettura delle arti visive come linguaggio strettamente legato al contesto culturale dell’autore, alla consapevolezza del gesto e alla volontarietà della comunicazione. Oltre a questi caratteri specifici ritiene che, nelle arti visive, la fisiologia della percezione prevalga sui confini strettamente culturali. Diplomato Maestro d’arte in Decorazione pittorica e in Scenotecnica, poi all’Accademia di Belle Arti di Bologna in Scenografia, laureato in Giurisprudenza e in Filosofia all’Università degli studi di Parma

 

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