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Percorso artistico
Claudio fin da piccolo disegnava fumetti. Claudio Cangialosi, danzatore e coreografo di fama internazionale, nonché artista del colore e del pennello, sentì da subito il bisogno di esprimersi anche attraverso l’immagine. Dipingeva ancor prima di accedere alla prestigiosa Scuola del Teatro alla Scala di Milano, dove per cinque anni si dedicò allo studio e all’esercizio per conseguire il diploma accademico di ballerino professionista.
Siciliano nel sangue ha però rapidamente assorbito la tavolozza di colori freddi e opalescenti delle grandi città della sua vita professionale: Milano, Dresda, Anversa. Sono tinte insature, con riverberi d’ombre viola, azzurre e blu. Hanno la lucentezza dei metalli, lo scintillio delle vetrate, il calore delicato e pallido delle lame di sole che tagliano oblique le vie trafficate di grandi e geometrici palazzi.
Dalla danza alla pittura
Claudio Cangialosi, a differenza di molti artisti, non prova disagio nel descrivere i propri dipinti, il senso di equilibrio e libertà, la necessità emotiva di lasciarsi andare davanti alla tela bianca. Dopo le lunghe prove in calzamaglia dei passi di danza in palestra, dopo i faticosi allenamenti del corpo, la mente si abbandona a questo pensare per figure, alla dolcezza del segno, alla spontaneità della composizione.
Così come nel balletto la sua indole creativa mira alla creazione coreografica, così come nella fanciullezza l’arte intesa come narrazione e arricchimento di un luogo mentale - il fumetto - era preferita alla fissità di uno sguardo, anche oggi la sua è una pittura di relazione.
In ogni quadro oltre l’artista vi è il ricordo, come una leggiadra esplorazione della propria intimità emotiva, in cui il passato non spaventa ma accompagna, convive con il presente e contribuisce a dargli forma. Claudio Cangialosi, fra le tante ricerche, si è concentrato per un periodo su tre elementi: il fiore, la sfera e una particolare caramella d’oltralpe: l’orsetto gommoso.
La natura, l’empatia, la forma perfetta potrebbero essere una chiave di lettura, ma la costruzione è più articolata e complessa.
Arte di relazione
Claudio Cangialosi sviluppa un’arte di relazione: cosa significa questo? Che gli elementi dell’opera stanno dentro e fuori il quadro, pur avendo un evidente carattere figurativo non si esauriscono nella mera rappresentazione. C’è sempre un elemento catalizzatore che appare incastonato in un continuum di forme, geometrie e colori.
L’elemento principale, inoltre, non dialoga direttamente con l’osservatore ma si pone come figura solista, impegnato in un pezzo di bravura che gli permette di esprimere al meglio la propria personalità. Abbiamo quindi tre parti essenziali: l’ambiente cromatico, uno spazio concettuale, che entra nella tela senza farsi rigidamente inquadrare in uno schema. L’osservatore che, come parte di un movimento coreografico, entra nella scena e orbita intorno al solista sentendosi parte di un flusso dinamico. Infine l’interprete principale impegnato in una riflessione sulla propria identità, sul ruolo che gli ha riservato la grande regia della vita.
Il fiore esalta la propria verticalità, la sete di luce, il legame assoluto con il sole. Non ha radici, né fusto, non ha memoria della gravità, percepisce come esiziale ogni legame o vincolo con la terra. Eppure una strisciata greve lo separa dall’artista, è un fiore negato, intriso di malinconia.
La sfera si fa palla e danza con la propria ombra, il suo inseparabile doppio. Non trova in sé stessa la perfezione e la centralità cui è abituata. È aperta al diverso, curiosa, intrepida: proietta un’ellisse, non si replica ma sente il bisogno di un confronto.
Infine la caramella traslucida, il piccolo orsetto gommoso - Der Gummibär icona teutonica dal 1922 tuttora commercializzata dalla Haribo - non si atteggia a simbolo ma valorizza la propria innocente empatia. Sempre adagiata sul dorso, giocosa e indifesa, mostra vulnerabile il proprio ventre mentre la luce le dona una vivace e trasparente bellezza.
Written by Massimiliano Reggiani
Massimiliano Reggiani, critico d’arte, promuove una lettura delle arti visive come linguaggio strettamente legato al contesto culturale dell’autore, alla consapevolezza del gesto e alla volontarietà della comunicazione. Oltre a questi caratteri specifici ritiene che, nelle arti visive, la fisiologia della percezione prevalga sui confini strettamente culturali. Diplomato Maestro d’arte in Decorazione pittorica e in Scenotecnica, poi all’Accademia di Belle Arti di Bologna in Scenografia, laureato in Giurisprudenza e in Filosofia all’Università degli studi di Parma