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In corsia, tra il suono incessante dei monitor e la corsa contro il tempo, l’arte può apparire come qualcosa di superfluo, estraneo. E invece è proprio lì, dove si combatte per la vita e si attraversano la fatica, la paura e la speranza, che l’arte può trovare il suo posto più vero: quello accanto all’essere umano, in tutta la sua vulnerabilità. Non solo accanto ai pazienti, ma anche a chi ogni giorno si prende cura di loro. Come psicologa e promotrice di mostre nei reparti ospedalieri, ho avuto modo di osservare da vicino l’effetto che la bellezza può avere su chi lavora in sanità. E non parlo solo di suggestioni o impressioni personali: oggi, anche la ricerca scientifica inizia a confermare che le risorse estetiche e ambientali sono veri e propri fattori protettivi contro lo stress lavoro-correlato e il burnout.
L'arte come risorsa rigenerativa
Secondo il Job Demands-Resources Model, il benessere lavorativo non dipende tanto dall’intensità delle richieste, quanto dall’equilibrio tra ciò che ci viene chiesto e le risorse che abbiamo per affrontarlo. Le risorse possono essere organizzative, personali, ma anche ambientali. E tra queste ultime, l’arte sta emergendo con forza. Uno studio pubblicato nel 2024 da Scrima et al. sulla rivista Environment and Behavior ha dimostrato che l’introduzione di varie mostre d’arte all’interno del reparto di Ginecologia ha avuto effetti positivi tangibili sul personale sanitario. I dipendenti coinvolti hanno riportato una maggiore rigenerazione psicologica, un miglioramento dell’umore e un aumento del coinvolgimento emotivo nel proprio lavoro. La presenza dell’arte ha trasformato lo spazio, rendendolo più accogliente, umano, vivo.
L’arte che accompagna, sostiene, umanizza
A livello psicologico, le opere d’arte parlano un linguaggio emotivo profondo. Evocano immagini, ricordi, stati d’animo. Nelle pause tra un turno e l’altro, o nel breve tempo di un passaggio in corridoio, guardare un quadro può diventare un piccolo atto di riconnessione con sé stessi. Una micro-pausa rigenerativa, che non costa nulla ma può restituire tanto. Per i pazienti, l’arte rompe la monotonia della degenza, apre finestre simboliche su mondi altri. Ma per noi sanitari, ha un valore ancora più urgente: ci ricorda chi siamo oltre il ruolo, ci restituisce senso, bellezza, profondità. In un sistema sempre più esigente e spesso disumanizzante, l’arte è un atto di resistenza gentile.
Le mostre in ospedale: più che decorazione, una strategia di cura
Non si tratta di abbellire un muro. Portare l’arte in ospedale è una scelta culturale e organizzativa. Significa considerare gli spazi come parte integrante del benessere lavorativo. Le mostre che allestiamo nei reparti non sono pensate solo per il pubblico esterno, ma come strumenti di supporto psicologico per il personale. Come ambienti che comunicano rispetto, attenzione, bellezza. E tutto questo ha un impatto reale sulla motivazione, sull’umore e sulla qualità della vita lavorativa.
Un invito al cambiamento
Nel mio lavoro incontro medici, infermieri, OSS stanchi, sfiniti, spesso invisibili. Eppure, basta una mostra, un quadro, una fotografia ben posizionata per vedere nei loro occhi un piccolo cambiamento. La bellezza non cura tutto, ma cura qualcosa. E a volte, quel qualcosa è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno per non crollare.
È tempo che le istituzioni sanitarie riconoscano il valore dell’arte come parte integrante delle politiche di benessere organizzativo. Non un lusso, ma una necessità.
written by Elena Foddai
Psicologa e psicoterapeuta, fondatrice della Mami gallery dell'ospedale policlinico Paolo giaccone e curatrice di mostre in ospedale