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La distruzione nell’Arte, una riflessione semiseria

Il 7 ottobre scorso, nella doppia sede del Loggiato San Bartolomeo e di Palazzo Trinacria, era stata inaugurata la mostra d’eccezione “Ritratto d’ignoto, l’artista chiamato Banksy”, che esponeva, a Palermo, ben 100 opere di uno degli artisti contemporanei più conosciuti al mondo; a causa della sempre più preoccupante emergenza Covid, però, i musei, le gallerie e i luoghi di cultura –secondo l’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio - sono stati chiusi almeno fino al 3 dicembre 2020 e nemmeno l’enigmatico Banksy è stato risparmiato. Sembra gli sia toccata la stessa sorte della riproduzione di una delle sue celeberrime opere, “La bambina col palloncino”, durante un’asta del 2018 da Sotheby’s, a Londra. Questo quadro moderno, nell’istante stesso in cui un’anonima collezionista se l’era aggiudicata per un milione di sterline, infatti, il quadro azionato da un meccanismo segreto ha iniziato ad autodistruggersi come se la cornice che lo racchiudeva fosse divenuta un tritadocumenti… vale così poco un’opera d’arte da finire nel tritacarte? Pare di no perché, riintitolata “La bambina nel cestino”, l’acquirente ha voluto pagare ugualmente la somma investita e ha acquistato il quadro unico nel suo genere il cui valore, tra qualche decennio, siamo sicuri che lieviterà! Un’opera che si autodistrugge a comando è un geniale prodotto di un’altrettante mente geniale che crediamo resterà unica nel suo genere!

Ciò da spazio a una riflessione sull’arte contemporanea le cui creazioni paiono nascere col solo intento di vivere per la fama del parlarne, del diventare virali… tutto, nel bene o nel male, del purché se ne parli. E qui viene in nostro aiuto un altro famosissimo artista inglese come Banksy – si sa sia nato a Bristol nel 1974 ma non molto altro – e alludiamo a Oscar Wilde che tra le sue indimenticabili massime ha scritto che “Al mondo c’è una sola cosa peggiore dell’essere oggetto di chiacchiere; non essere oggetto di nessuna chiacchiera.”

Solo, quindi, una fortunata collezionista possiederà “La bambina nel cestino” ma il video dell’autodistruzione sarà un souvenir che tutti scaricheranno da Youtube o che rivedranno e strarivedranno volentieri, facendo la fama non solo di Banksy, ma anche degli inserzionisti del filmato o di chi l’ha caricato su Youtube!

La viralità e amplificazione mediatica raggiunta da Banksy anche per altre sue opere di street art ci ha fatto immediatamente pensare a un’altra recente opera artistice che non si è proprio autodistrutta ma che è stata… mangiata!

Che dire, infatti, della “banana d’artista”, al secolo “Comedian”del discusso artista italiano Maurizio Cattelan esposta ad una fiera d’arte a Miami nel dicembre del 2019? All’apparenza non era altro che una banana attaccata al muro con del nastro adesivo che poi l’artista newyorkese David Datuna, “forse” considerandola matura al punto giusto, staccò dal muro e si mangiò davanti a un pubblico esterrefatto. E per rimanere in tema di Banksy, Datuna stesso caricò il filmato della sua performance sul suo profilo di Instagram ottenendo – non ci sono dubbi – milioni di visualizzazioni perché si era mangiato una banana del valore di 120 milioni di dollari.

Moltissimi ne hanno riso, tanti di un riso amaro, altri hanno provato simpaticamente ad emularlo, come se fosse un quadro moderno astratto, anche Marga Rina del blog Panormitania usò scotch, banana e babbino Natale per decorare la sua copertina natalizia di Facebook ma, nulla, la fama/e di Banksy e Cattelan, piacciano o meno, restano uniche nella loro incontestabile originalità creativa che fa parlare e lascia il segno. E ci fa anche riflettere sul valore dato oggi dalle persone alle creazioni d’arte.

Nella percezione generale, secondo la nostra opinione, la creazione artistica non è più un oggetto in sé da collezionare, contemplare o esibire ma spesso è una performance che ci fa restare a bocca aperta, è sempre più emozione vissuta da protagonisti e non da comparse. E’ un’emozione sensoriale profonda che possiamo forse collezionare nel nostro album della memoria. Tutto non solo purché se ne parli, ma purché se ne ricordi in fondo.

Purché forse e soprattutto non la si respiri e in questo i pionieri non sono stati né Banksy né Cattelan: è nell’ormai lontano 1961 che l’artista italiano Piero Manzoni sigillò 90 barattoli di latta dopo averle riempite con le sue feci! In 60 anni questi barattoli di “Merda d’artista” hanno fatto il giro del mondo e nessuno ha mai osato aprirli (secondo un caro amico di Manzoni conterrebbero gesso, secondo altre voci , invece, sarebbero barattoli di carne o tonno cui l’artista cambiò l’etichetta).

Come recita una nostra versione riveduta di una famoso detto, oggi, pur di stupire e rendere virale un fenomeno, tutto fa brodo, purché non si rompano troppo i barattoli!

written by Margherita Musso

Con lo pseudonimo di Marga Rina, Margherita Musso è la blogger di Panormitania, grazie al quale coltiva da molti anni la sua passione per la promozione di eventi artistici. Adora scrivere racconti, poesie e testi vari.

 

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